“Alimento povero di sodio”, “torta light”, “prodotto privo di colesterolo”, oppure “contiene il 50% in meno di grassi saturi rispetto al prodotto ordinario”. Queste sono solo alcune delle numerosissime diciture rinvenibili sulle confezioni degli alimenti negli scaffali di tutti i supermercati. Si tratta di indicazioni circa il contenuto o l’assenza di uno o più determinati nutrienti (ad esempio, le fibre, le proteine, i grassi saturi, ecc…) all’interno del prodotto specifico.
A differenza di altre indicazioni, esse sono del tutto facoltative: possono essere inserite sull’etichetta a mera discrezionalità del produttore. Attenzione, però! Si tratta di una discrezionalità circa il loro inserimento o meno in etichetta e non di discrezionalità nella scelta della frase, delle parole o della dicitura da inserire. Infatti, nel caso in cui si opti per il loro utilizzo, è obbligatorio rispettare preliminarmente la singola normativa che le regolamenta. Quindi, fatta salva l’esistenza di specifiche convenzioni o trattati, si dovrà rispettare la normativa prevista dal paese in cui il prodotto alimentare verrà esportato e, di conseguenza, venduto.
Oltreoceano, la normativa americana identifica tali indicazioni con la locuzione “Nutrient Content Claims” e le categorizza attraverso una fitta regolamentazione.
In particolare, la normativa prevede regole generali applicabili a ciascun claim quali, ad esempio, la dimensione del claim: essa non può superare di due volte la dimensione del nome dell’alimento presente in etichetta; oppure, l’obbligatorietà delle indicazioni nutrizionali o le deroghe previste per gli integratori alimentari e per alimenti destinati a lattanti o a bambini di età inferiore ai due anni.
D’altra parte, segue un’articolata elencazione di tutti i claim ammissibili e delle specifiche regole ad essi applicabili. Di conseguenza, è vietato utilizzare termini o perifrasi che non rientrino in tale elenco, pena la non conformità dell’intero prodotto.
Ad esempio, il claim “reduced saturated fat” e simili (come “less saturated fat“, oppure “saturated fat reduced” …), possono essere inseriti sull’etichetta di un prodotto solo se quel prodotto contiene almeno il 25% in meno di grassi saturi per importo di riferimento consumato abitualmente rispetto ad un appropriato alimento di riferimento. Si dovranno, quindi verificare gli importi di riferimento prestabiliti ed inserire sul packaging anche l’identità dell’alimento di riferimento, nonchè la percentuale in base a cui i due prodotti differiscono.
Al contrario, la dicitura “contains no preservatives” non viene qualificata come una dichiarazione di contenuto di nutrienti – e non è soggetta alla relativa normativa – in quanto facente riferimento ad una sostanza non nutritiva.
Infine, quanto detto sinora, non è applicabile a quegli alimenti che siano composti almeno per il 2% (talvolta 3%) da carne. In queste ipotesi si applicano regole diverse.
In conclusione, è evidente come l’utilizzo di un “Nutrient Content Claim” possa invogliare il consumatore ad acquistare un determinato prodotto rispetto ad un altro fra diversi marchi o fra diverse tipologie di prodotto anche del medesimo marchio.
D’altra parte, tuttavia, la loro regolamentazione è molto specifica e, soprattutto, corposa. Inserire in etichetta anche solo un termine errato, oppure, inserirlo in una dimensione o posizione errata, può compromettere la conformità dell’intero prodotto ed esporre il distributore a sanzioni non del tutto irrisorie.
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